Gruppo Vecchia Toscana brilla nella moda da 65 anni

L’azienda di Fucecchio (Firenze) è stata fondata nel 1957 da Guglielmo Testai ed è ora giunta alla terza generazione. Il grande impegno nell’ambito della sostenibilità

Oltre 65 anni di vita e tante sfide imprenditoriali vinte che hanno consentito di restare al top del mercato conciario. È una storia di successi quella che caratterizza il Gruppo Vecchia Toscana, fondato nel 1957 a Ponte a Cappiano, nel comune di Fucecchio (Firenze), da Guglielmo Testai. Ma è anche una bella storia familiare, giunta alla terza generazione: l’attuale Ceo, Valerio Testai, è il figlio del capostipite Guglielmo, ed oggi è affiancato nell’attività, da poco meno di una decina d’anni, dal figlio Francesco Testai, entrato in azienda a fine 2014, dopo aver conseguito la laurea in ingegneria gestionale.
Oggi Gruppo Vecchia Toscana Spa è una realtà leader in Italia e nel mondo nella produzione di pellami di qualità per pelletteria, calzatura ed abbigliamento. Grazie ad un’esperienza assoldata e alle cospicue risorse che ogni anno destina alle attività di ricerca e sviluppo, la società toscana è in grado di soddisfare al meglio le richieste dei clienti più esigenti presenti nel settore moda e lusso, offrendo un prodotto completamente Made in Italy, realizzato tramite un perfetto connubio fra artigianalità e tecnologia. A guidarci in questo “racconto” sono Valerio e Francesco, che abbiamo intervistato a metà maggio nello stabilimento di Fucecchio.
“Mio papà Guglielmo – esordisce il signor Valerio – fondò una società insieme ai fratelli, fu una sfida coraggiosa perché nella metà degli Anni Cinquanta il boom economico non era ancora iniziato e i prodotti in pelle erano riservati ad un’élite privilegiata. Come la maggioranza dei nuovi imprenditori di allora mio padre aveva fatto l’operaio, per sopravvivere e aiutare la famiglia negli anni successivi alla fine della guerra. Fece il grande passo con un capitale pari a circa 250 euro di adesso, una sola botte e 4-5 dipendenti, ma da lì è iniziata una crescita costante. Partita con il nome Conceria Guglielmo Testai, la società venne poi rinominata Vecchia Toscana, dal prodotto di maggior successo, un pellame conciato al vegetale e tamponato a mano, che gli aprì le porte dell’export a fine Anni Sessanta”.
Per lei quando è iniziata l’avventura in azienda?
“Si è trattato di una “missione” giovanile: sono entrato nel 1981, all’età di 20 anni, dopo il diploma in ragioneria: volevo iscrivermi alla facoltà di economia e commercio ma a quei tempi l’Università era ancora una cosa per pochi e mio padre desiderava tanto che entrassi a lavorare in conceria insieme a lui. Qualche anno prima, nel 1978, era stato costruito lo stabilimento attuale, un investimento costoso per quei tempi ma lungimirante e con l’occhio rivolto al futuro, studiato nei particolari. Alla fine degli Anni Settanta i dipendenti erano 120, si lavorava molto nel mercato della moda soprattutto con la calzatura. Era un momento di grande sviluppo delle aziende, in gran parte familiari, con un mercato molto florido, noi avevamo tanti clienti in Germania e in Italia”.
Con che ruolo entrò in organico?
“Dopo il diploma andai otto mesi in Inghilterra a studiare la lingua, visto che avevamo molti clienti esteri e mio padre, che non conosceva l’inglese, soffriva non poter parlare direttamente con loro. Una volta rientrato ho fatto tutta la gavetta per formarmi sul campo, lavorando un anno assieme agli operai, nei reparti botti e rifinizione, nel magazzino, spesso andavo con il responsabile a ritirare le pelli grezze. Nel 1991, all’età di soli 61 anni mio padre morì, e a quel punto mi trovai a guidare l’azienda appena trentenne, ma forte di un’esperienza accumulata nel decennio”.
Se guarda indietro che confronto può fare con la situazione attuale?
“La quasi totalità dei nostri clienti in Germania, Veneto e Marche non esiste più, chi è rimasto lavora come terzista. I nostri 66 anni sono stati caratterizzati da diverse trasformazioni: già dalla fine del secolo scorso abbiamo innalzato il prodotto a livello di qualità per penetrare sempre più nel settore moda e lusso, questo ci ha consentito di restare sul mercato di fascia alta. Di questi tempi la parola “resilienza”, che va di moda, è esemplare, perché racchiude quanto un imprenditore dovrebbe fare. Fondamentale è avere una storia ma anche garantire un ricambio generazionale, serve linfa nuova per portare innovazione e spirito di adattamento: i giovani sono aperti ai cambiamenti, mentre chi lavora da più anni deve mettere l’esperienza per garantire la gestione, anche relativa ai costi”.
Il figlio Francesco, che a sua volta si occupa degli aspetti commerciali, analizza la situazione del mercato. “Oggi il comparto lusso – spiega il più giovane dei Testai – è caratterizzato da 15-20 brand che fanno capo a 3-4 gruppi molto grossi. Nel prodotto medio in Italia è difficile essere competitivi, con gli incrementi di costi e prezzi degli ultimi due anni, è impossibile competere con i Paesi emergenti. L’unica strada è un prodotto di qualità e un alto servizio rivolto al cliente, aspetti, assieme alla tracciabilità, molto richiesti dai brand, anche per lo sviluppo dei campioni e dei colori. La nostra è una struttura completa, ma rimaniamo dei grandi artigiani, non siamo un’industria: oggi nella moda cambiano continuamente le collezioni, quindi bisogna avere una capacità produttiva per far fronte ai picchi, ma soprattutto una flessibilità produttiva, per poter cambiare da un materiale o da una rifinizione all’altra. Nel comparto del lusso le esigenze sono spesso impellenti, ti chiamano al mattino per avere un campione la sera, perché magari il giorno dopo hanno una riunione con gli stilisti”.
Come si sviluppa il vostro lavoro quotidiano e che rapporti avete con le maestranze?
“Viviamo sempre in azienda, dalla mattina alla sera, assieme ai nostri dipendenti, che conosciamo tutti molto bene: siamo una realtà dalle dimensioni umane, una famiglia allargata, in un contesto simile è più facile che nasca e si consolidi un rapporto reciproco di fiducia. Quando si chiede un sacrificio ad un dipendente bisogna poi gratificarlo: pensiamo anche a loro e alle 55 famiglie che vivono grazie a questa azienda. Diversi dipendenti sono qui da decenni, due anni fa è andata in pensione una signora che ha lavorato 40 anni, un altro, con lo stesso lungo percorso, ci andrà a breve”.
Con Valerio e Francesco Testai abbiamo analizzato la situazione economica del Gruppo Vecchia Toscana, in particolare nel post pandemia sanitaria. “Gli ultimi anni – precisano – non sono stati facili: nel 2019, prima del Covid, il fatturato era di 29 milioni di euro, nel 2020 siamo calati a 17 milioni, per poi ritornare a quota 21 nel 2022. Lo scorso anno abbiamo chiuso a 24 milioni, grazie ad una crescita sostenuta sino a settembre, ma buona parte della marginalità è stata erosa dall’aumento dei costi di energia elettrica, gas e prodotti chimici, oltre che dalla mancanza di materie prime: alla fine l’utile non è stato proporzionale alla crescita del fatturato. Per quanto riguarda i mercati, la nostra quota export è superiore al 60%, concentrata soprattutto in Europa, Stati Uniti e Asia, pur essendo presenti in molti Paesi del mondo”.
Cosa prevedete per la seconda metà del 2023?
“Alla fine sarà l’anno più complesso e indecifrabile, nel senso che i primi mesi non sono stati in linea con il 2022 in termini di ordinativi da parte dei clienti, l’augurio è che nel secondo semestre, che poi significa da settembre, si registri l’incremento annunciato. La situazione attuale dal punto di vista macro- economico non è positiva, anche per l’incremento dei tassi di interesse, sia in Europa che in Usa, la guerra in Ucraina non aiuta, infine bisognerà vedere come si muoverà la Cina nel post-Covid. La sensazione è che una ripresa ci sarà ma non possiamo quantificare in quale percentuale, quindi è necessario essere flessibili sia a livello di servizio clienti che come struttura dei costi per far fronte a cali e crescite del fatturato. Difficile fare previsioni a lunga scadenza, nel settore moda gli ordini non superano mai i 2 mesi”.
Come si concretizza il vostro impegno a livello ambientale?
“Il primo importante obiettivo raggiunto è la pubblicazione del bilancio sostenibilità 2021, siamo stati una delle 4-5 aziende conciarie italiane ad averlo presentato per primi, mappando consumi ed emissioni. Nei prossimi mesi andremo a pubblicare il bilancio 2022, con la strategia di arrivare all’impatto zero nel 2030. Noi riteniamo che per una conceria la vera sostenibilità non è creare un prodotto “green” o metal-free, molto spesso si tratta di operazioni di marketing, visto che il cromo è un materiale che esiste in natura e non è pericoloso. Va invece rimarcato che chi opera in questo ambito parte da un sottoprodotto di recupero dell’industria alimentare, come è la pelle, per poi trasformarlo in capi di lusso. Il nostro impegno è riuscire a realizzare questa trasformazione da sottoprodotto a bene di lusso, con il minor impatto possibile sull’ambiente”.
Quali sono le operazioni messe in atto e quelle già programmate?
“Nell’ultimo triennio, nonostante il Covid, abbiamo investito per riammodernare la centrale termica, che ha portato ad una riduzione del gas metano del 30%, mentre in questi mesi stiamo rifacendo una parte della copertura del nostro stabilimento per poi installare i pannelli solari, che garantiranno l’autoproduzione di energia tramite il fotovoltaico. Inoltre abbiamo sostituito macchinari obsoleti con quelli moderni che consumano meno, risparmiando un ulteriore 15% di energia elettrica e complessivamente riducendo le emissioni di CO2 di almeno il 30%. Continueremo ad investire su ulteriori nuovi macchinari, mentre da inizio anno abbiamo ridotto del 20% il consumo di acqua, un bene sempre più prezioso, cambiando il processo ed investendo per realizzare un sistema di riutilizzo”.

www.gruppovecchiatoscana.com

Francesco e Guglielmo Testai

Francesco e Guglielmo Testai