L’innovazione tecnologica e la sfida della comunicazione di Assomac: come l’italia può rimanere competitiva

Dai tavoli di normazione europea alla divulgazione: le soluzioni per sfruttare il potenziale della tecnologia e farla diventare uno strumento di vendita globale

L’industria italiana delle macchine per la lavorazione del cuoio e delle calzature è un settore di eccellenza riconosciuto a livello internazionale. Assomac, l’Associazione Nazionale Costruttori Macchine per l’Industria Calzaturiera, Conciaria e Pellettiera, rappresenta le aziende italiane leader nel settore delle macchine per la lavorazione del cuoio e delle calzature e si impegna a promuovere l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo tecnologico per garantire la competitività delle imprese associate. In un contesto sempre più globale e competitivo, l’innovazione tecnologica rappresenta una sfida fondamentale per l’industria italiana delle macchine per la lavorazione del cuoio e delle calzature. L’Italia deve mantenere il proprio vantaggio competitivo, sviluppando soluzioni tecnologiche all’avanguardia e migliorando la comunicazione e la divulgazione a livello internazionale. In questo contesto, Assomac svolge un ruolo cruciale, offrendo supporto e servizi alle imprese associate per promuovere l’innovazione e la ricerca tecnologica, nonché per favorire la normazione europea nel settore. Grazie alla collaborazione tra le aziende associate e l’associazione, l’industria italiana delle macchine può mantenere la propria competitività a livello globale e continuare a rappresentare un’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo. Ne parliamo con Roberto Vago, Direttore di Assomac.
Durante la nostra ultima visita presso di voi, abbiamo ricevuto una panoramica sulle attività attuali dell’associazione e sul momento congiunturale del settore di riferimento. In particolare, ci sono stati segnalati alcuni cambiamenti significativi e dei segnali positivi che hanno interessato l’industria. Potreste fornirci maggiori dettagli su questi aspetti? In che modo l’associazione sta affrontando queste novità e quali sono le prospettive future per il settore?
“Non abbiamo partecipato solo alla fiera Lineapelle, ma anche all’ILF in India e a APLF a Dubai. Tutte queste fiere rappresentano un’importante occasione per valutare la situazione del mercato e sono un segnale positivo per la ripartenza del settore. È difficile prevedere in quale direzione si svilupperà il settore nel lungo periodo e quali saranno le tendenze predominanti, ma credo che vedremo gli elementi concreti a settembre. Al momento, stiamo indagando su ciò che accadrà nel futuro. I segnali positivi che abbiamo ricevuto sono interessanti perché arrivano da mondi esterni al nostro, come quello dell’accessoristica, che sta lavorando molto. Ciò indica che, se si vendono accessori, c’è un effetto indotto e si costruiscono prodotti. Questo è un indicatore positivo del settore. Inoltre, è evidente che la metamorfosi del settore è in atto e si sta verificando una cross fertilizzazione tra moda, fashion e articolistica. Questo è un elemento imprescindibile e lo vediamo anche in questa fiera, dove la pelle è sicuramente un elemento fondamentale, ma intorno ad essa ruota tutto un mondo di nuove fibre e tessuti che compongono un mix di prodotti per realizzare un’articolazione variegata e differenziata. Questo è il termometro attuale del settore che vedo in questo momento”.
I vostri feedback sulla situazione attuale del settore sono positivi?
“In generale, sì. Come associazione, abbiamo tre anime che rappresentano le concerie, le calzature e la pelletteria, il che ci permette di avere una visione a 360 gradi del panorama del sistema produttivo. Inoltre, come parte di Federmacchine, stiamo spingendo molto per far sì che la tecnologia italiana sia al centro dell’interesse internazionale, specialmente in quei paesi che stanno cercando di creare sistemi produttivi locali. Questo si traduce in un riorientamento da parte di molti paesi che intendono scollegarsi dalla dipendenza dal mercato cinese. Non dimentichiamo anche il grande tema dei costi di trasporto, che stanno erodendo i vantaggi del muovere la produzione dalla Cina all’America. Questi costi includono anche quelli energetici, come il petrolio, e stanno spingendo le aziende a cercare soluzioni più vicine ai mercati di destinazione. Infine, c’è la crescente richiesta di varietà e personalizzazione nei prodotti, il che si traduce in una riduzione dei lotti di produzione e nell’aumento della flessibilità delle produzioni. Ciò significa che le aziende devono essere in grado di cambiare rapidamente la loro offerta di prodotti per offrire sempre qualcosa di nuovo ai loro clienti. Questo è lo scenario attuale che vedo, ma naturalmente il futuro è sempre incerto e ci saranno nuove sfide da affrontare”.
Ci sono stati recenti sviluppi riguardo alla difficoltà nel trovare personale qualificato, tecnici e manodopera nel settore? Quali sono le ultime notizie in merito e come sta reagendo il settore a questa situazione?
“Come associazione, stiamo promuovendo diverse iniziative per la formazione di nuove competenze e risorse attraverso la creazione di corsi di formazione ITS. Tuttavia, il problema della mancanza di personale qualificato rimane una priorità per il nostro settore e per l’industria manifatturiera in generale. Il primo aspetto su cui ci concentriamo è la necessità di “riappassionare” i giovani al mondo della produzione. Questo richiede un approccio di storytelling che mostri le opportunità interessanti sia per coloro che desiderano sviluppare le proprie capacità artistiche, sia per coloro che sono interessati alla parte meccatronica e allo sviluppo di processi produttivi intelligenti. Nel nostro ruolo di associazione, abbiamo anche lavorato sulla definizione delle norme europee per il settore, contribuendo a determinare l’orientamento futuro delle produzioni. Il secondo grande problema è di natura internazionale, non solo italiano. Come associazione, riceviamo sempre più richieste da paesi terzi di tutto il mondo per contribuire alla formazione di figure professionali altamente qualificate. Attualmente abbiamo almeno quattro progetti in corso su questo fronte. In sintesi, il nostro obiettivo è quello di attrarre e convincere giovani e famiglie dell’interesse e delle possibilità offerte dal nostro settore, mentre al contempo stiamo lavorando per soddisfare la crescente richiesta di personale altamente qualificato a livello globale”.
Qual è la capacità di reazione maggiore tra l’Italia e gli altri paesi esteri?
“La capacità di reazione maggiore sembra essere quella degli altri paesi esteri. Infatti, essi vedono nell’Italia una fonte di produzione di alta gamma, moda e qualità, riconoscendo il nostro Paese come un elemento determinante in questo settore. Su questo tema, abbiamo molto da offrire e da vendere. Nel nostro ruolo di associazione, abbiamo cercato di spiegare a livello istituzionale l’importanza di risolvere non solo il problema della formazione delle figure professionali in Italia, ma anche di far sì che l’Italia diventi una “nave scuola” per tutti i paesi che cercano di incrementare la loro produzione nazionale, in linea con la responsabilità sociale e la sostenibilità. È importante trovare e dare lavoro a figure professionali di cui il nostro settore ha bisogno, dal momento che esso impiega manodopera, tecnologia, persone e intelligenza. Dopo 40 anni di lavoro e di esperienza, credo che il nostro settore sia una grande eccellenza mondiale, come dimostra il fatto che i francesi hanno comprato diversi marchi italiani nel settore tessile, ma hanno lasciato la produzione in Italia. Tuttavia, la produzione non è sufficiente se non ci sono guadagni. Ritengo che se mettessimo al centro la nostra capacità di comunicare che siamo un’eccellenza della tecnologia, potremmo fare la differenza. Infatti, abbiamo voluto introdurre lo slogan “Made with Italian Technology”, che sottolinea la nostra capacità di realizzare processi produttivi di qualità. I dati dell’ultimo anno dimostrano che il nostro settore ha superato la Francia e la Germania nel settore tecnologico, e abbiamo superato l’Inghilterra sia nella produzione che nella vendita di macchine per la produzione. In sintesi, abbiamo dimostrato di essere un’eccellenza a livello mondiale in questo settore.”
Chi è il principale competitor dell’Italia dal punto di vista tecnologico oggi?
“Attualmente, ci sono due principali competitor dell’Italia nel settore tecnologico. Il primo è la Cina, che ha rappresentato storicamente una minaccia e ora ha fatto un passo avanti nella fase due del suo sviluppo tecnologico, ovvero diventare autonomi nella creazione di tecnologie interne, invece di copiare e replicare soluzioni esterne. Questa nuova direzione della Cina rappresenta una sfida per l’Italia, che deve trovare soluzioni interne per rimanere competitiva. Inoltre, ci sono alcuni competitor più piccoli come i coreani e i taiwanesi nel nostro settore, ma essi rimangono principalmente in Asia. L’unica nazione europea che sta facendo qualcosa nel nostro settore è la Turchia, ma in maniera molto limitata. Quindi, a livello europeo siamo rimasti gli unici ad essere un settore di eccellenza – purtroppo ancora troppo poco considerati dalla Comunità Europa -, e dovremmo sfruttare questa opportunità per mantenere la nostra posizione competitiva”.
Cosa possiamo fare per contare di più a Bruxelles?
“Ciò che vorremmo fare di più, partendo dalla nostra esperienza, è costruire tavoli di normazione europea per diventare anche interlocutori internazionali in questo campo. In questo modo, la sicurezza delle macchine, la produzione di tecnologie per l’abbattimento dell’impatto ambientale e così via, diventerebbero dei paletti non solo circoscritti al territorio europeo, ma anche strumenti di vendita. È importante sottolineare che, al giorno d’oggi, la tecnologia da sola non vende più. I produttori devono essere in grado di spiegare come funziona una macchina, ma anche considerare l’ambiente in cui verrà utilizzata e le esigenze del cliente. In passato, l’azienda era gestita da un grande imprenditore con un’ampia visione del business, ma oggi questo modello è cambiato e si è evoluto in qualcosa di più complesso. Di conseguenza, dobbiamo colmare il gap nella divulgazione, formazione e informazione, che al momento ci manca. Abbiamo perso un pezzo fondamentale nella comunicazione e dobbiamo recuperarlo”.
Qual è il difetto alla base, secondo lei?
“Secondo me, il difetto attuale è che il designer spesso non è consapevole di ciò che la tecnologia può offrire per creare un prodotto nuovo e non può essere il promotore dell’innovazione tecnologica. Questo crea un mismatch tra ciò che noi proponiamo come soluzione tecnologica e ciò che il designer ha in mente di realizzare. Oggi, per il nostro settore, è fondamentale e necessario dunque lavorare sempre di più su questo fronte”.

www.assomac.it

Roberto Vago Direttore Assomac

Roberto Vago, Direttore Assomac

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