Pelletteria italiana: il 2024 inizia in salita, export e fatturato in forte calo

Il settore della pelletteria italiana sta affrontando un periodo di forte turbolenza, come evidenziato dai dati del primo trimestre 2024. Un quadro a tinte fosche, dominato da un calo a doppia cifra sia delle esportazioni (-11,8%) che del fatturato (-12%), quest'ultimo rilevato tramite un'indagine tra gli associati. La domanda interna, pur mostrando un lieve aumento dell'1,4% nelle vendite al dettaglio, non riesce a compensare il gap rispetto ai livelli pre-Covid (-1,3%).

Il rallentamento, già percepibile nel corso del 2023, si è manifestato con particolare intensità nei primi mesi del nuovo anno, mettendo a nudo la fragilità del settore di fronte alla debolezza della domanda, soprattutto internazionale. Questo ha portato ad una contrazione degli ordinativi e, di conseguenza, ad un impatto negativo sulla produzione, come dimostra il -18,1% dell’indice Istat della produzione industriale per il settore.

Tale situazione ha avuto ripercussioni anche sull’occupazione, con un massiccio ricorso alla cassa integrazione: nei primi quattro mesi del 2024 sono state autorizzate ben 11,3 milioni di ore di CIG, un dato allarmante che supera di gran lunga i livelli pre-pandemici e che trova riscontro solo nei periodi di maggiore crisi economica.

L’indagine campionaria condotta da Assopellettieri e Confindustria Moda ha evidenziato come la metà delle aziende intervistate abbia registrato una contrazione del fatturato nel primo trimestre, con un 25% che ha subito un calo superiore al 20%. Le previsioni per il secondo trimestre non sono più rosee, con una stima di contrazione del fatturato del 6,8%.

Guardando al mercato estero, la situazione non è meno preoccupante. L’export ha subito un duro colpo, con una flessione dell’11,8% in valore rispetto allo stesso periodo del 2023. Particolarmente significativo il crollo della Svizzera (-76%), tradizionalmente un importante hub logistico per le multinazionali della moda, che ha modificato le proprie strategie distributive.

Tra le poche note positive, si segnalano le crescite in valore registrate in diversi paesi del Far East, come Hong Kong (+29,7%), Taiwan (+8,7%) e Thailandia (+15,6%), e in Medio Oriente, con gli Emirati Arabi in testa (+75%). Tuttavia, questi dati non sono sufficienti a compensare le perdite subite in altri mercati chiave, come la Cina (-4,8%) e la Corea del Sud (-9,4%).

Anche sul fronte interno, la situazione non è delle migliori. L’aumento dell’1,4% delle vendite al dettaglio, pur rappresentando un segnale positivo, non è sufficiente a colmare il divario rispetto ai livelli pre-Covid. Inoltre, il numero di imprese attive nel settore ha subito una flessione dell’1,2%, a testimonianza di un processo di selezione innescato dalla pandemia.

In conclusione, il settore della pelletteria italiana sta attraversando una fase di profonda crisi, causata da una serie di fattori interni ed esterni. La debolezza della domanda, l’aumento dei costi di produzione, le tensioni geopolitiche e le modifiche nelle strategie distributive delle grandi griffe sono solo alcune delle sfide che le aziende del settore si trovano ad affrontare. La ripresa, secondo le previsioni degli imprenditori, non avverrà prima del 2025, e richiederà un impegno congiunto di tutte le parti coinvolte per superare le difficoltà e rilanciare un settore che rappresenta un’eccellenza del Made in Italy.